sabato 14 maggio 2016

White Pocket



Ovviamente la nostra lotteria per cercare di andare a vedere The wave è fallita....
D'altronde c'erano a disposizione 20 permessi con 2000 pretendenti....veramente dura!
Abbiamo però un piano B che, alla prova dei fatti, si rivelerà molto soddisfacente: la White Pocket!
Di primo mattino ci presentiamo all'appuntamento con le guide turistiche che ci accompagneranno, opzione resa quasi obbligatoria dalla lunghezza e dalla complessità del percorso di avvicinamento a questo sito.
Siamo in cinque su un rombante gippone della General Motors e, quando chiediamo quanto tempo ci vorrà per raggiungere la zona, ci viene risposto: "Two hours...."
Per un tratto di una quarantina di km seguiamo con la nostra auto il buon Brett  che ci accompagnerà durante questa escursione, quindi svoltiamo a destra in una sterrata e qui lasciamo il nostro veicolo per proseguire sul grosso fuoristrada.
Ci troviamo quasi a metà del percorso e la sterrata, che per circa metà si presenta ben percorribile, diventa poi un sabbioso tratturo che, con diversi saliscendi e un'andatura più moderata, ci porta a destinazione.
Arrivati al parcheggio già si presentano le prime bianche formazioni rocciose.
In questa zona però, nel corso dei millenni, le sedimentazioni hanno creato una grande 


varietà di colori dovuta a diverse stratificazioni.
Difatti quello che si potrebbe chiamare "piano terra" rivela il solito bel rosso mattone, tanto presente in queste lande, sovrastato da un importante sedimentazione di colore biancastro, essa stessa in arenaria, come del resto lo strato sottostante.
In quelli che non esitaremmo  a chiamare "monumenti naturali" presenti in questo bel posto poi, questi colori si mischiano e si attorcigliano in curiosi riccioli, si stendono in armoniose onde e si accumulano in bizzarre e relativamente alte formazioni, quasi fossero la schiena di un gigantesco drago preistorico o cervelli di antichi giganti umanoidi, ai piedi delle quali numerose pozze d'acqua, trattenuta dalla roccia impermeabile, caratterizzano il paesaggio e danno il nome di "White Pocket" a questo suggestivo scenario.
Brett ci spiega che rimangono colme per gran parte dell'anno, diventando bene prezioso in questo territorio semi desertico, servendo da abbeveratoi ad animali selvatici e bestiame.
Ci addentriamo in questo variopinto labirinto per un paio d'ore e quando cerchiamo di raggiungere il parcheggio ci accorgiamo di esserci mezzi persi.
Per fortuna il nostro accompagnatore, che conosce i suoi "polli", ci recupera molto velocemente e ci rifocilla adeguatamente.
Alla fine del lunch ci accompagna poi a visitare una grande grotta, sulla cui volta sono incisi degli interessanti petroglifi, opera degli Anazasi, risalenti a circa un migliaio di anni fa.
La White Pocket non è molto lontana e concordiamo un'altra breve visita, per sfruttare le rinnovate e migliori condizioni di luce.

Alla fine rizompiamo sul rombante bestione e ci facciamo sbatacchiare come panni in una centrifuga, fino ad arrivare alla nostra auto, che ci condurrà a Page, nostra tappa notturna.






















































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