martedì 30 agosto 2011

In viaggio con Zoogii. Appunti disordinati di un viaggio in Mongolia

Ho trascorso 3 settimane in Mongolia assieme ad altre due donne.
Un viaggio straordinario, ricco di esperienze ed emozioni.
Sono salita su dune e vulcani, ho valicato catene montuose, ho guadato fiumi, mi sono persa, con i miei pensieri, su altopiani sconfinati, ho visto il volo dell'aquila, del falco e dell' avvoltoio, ho assistito a tramonti indicibili.....
Questi sono i miei appunti di viaggio:

Il nulla

"La Mongolia è Ulaan Baator e tutto il nulla che c'è intorno.
A chi mi chiede cosa c'è da vedere in Mongolia rispondo: "Il nulla!"

Il nulla non è cosa per tutti, non è facile da affrontare, bisogna essere preparati.... e forse è per questo che in Mongolia il turismo è ancora agli albori.
Il nulla attrae e respinge, cattura e libera al tempo stesso, affascina e sconvolge.
In Mongolia il nulla significa paesi senz'anima, strade senza asfalto e senza fine, ger senza elettricità, un maestoso senso di vuoto, solitudini senza rassegnazione.
Senza, senza, senza.....una costante in Mongolia, dove tutto è essenziale, ma tutto ha un senso.
Ma qui il nulla può diventare un orizzonte senza fine, la volta del cielo stellato sopra di te, la sensazione della tua ineffabilità, rapporti umani intensi.....

Zoogii

Zoogi, la nostra guida/autista è un tipo silenzioso, parla solo quando è necessario, ma si prende cura di noi impeccabilmente, mostrandosi sempre gentile e disponibile.
Con la gente del luogo però appare sempre piuttosto rude e si rivolge a tutti con tono di comando.
Gli chiedo perchè e lui mi risponde che questo è il suo modo di fare.
Potevo starmene zitta...... Sarebbe stato meglio!
Un paio di volte mi arrabbio con Zoogii perchè arriva in ritardo, ma lui, candidamente, riesce sempre a giustificarsi, e la mia rabbia sfuma.
Poi, per farsi perdonare, ci compra una bibita, ci offre un gelato o un sorso di vodka, ci scatta una foto...

La duna

Salgo sulla duna.

La duna non è una montagna, non ha sentieri, non ha indicazioni nè tracce.
Zoogii, davanti a me, sale dritto sul ripido pendio sabbioso e io lo seguo, con fatica, due passi in avanti e uno indietro, sprofondando nella sabbia, che mi scivola via sotto i piedi.
Percorro solo 300 metri di dislivello, ma mi sembra di aver scalato l'Everest.
Forse è il caldo o la colazione che mi pesa sullo stomaco, così decido di contare fino a 20 e poi fermarmi, poi ancora  fino a 20 e di nuovo sosta....
Guardo in alto: Zoogii è già in cima e io penso che ancora 3 o 4 soste e poi ci sono, ma ad un tratto, nel silenzio che mi avvolge, sento le dune cantare!
Singing dunes, ora capisco il significato del loro nome!
So che c'è una spiegazione scientifica a questo fenomeno, ma io preferisco pensare che le dune cantano, accompagnate dalla musica del vento, perchè sono vive.

L'ospitalità

Sono tornata indietro nel tempo e mi sono trovata fuori dal tempo.
E' successo quando sono entrata in una ger di allevatori nomadi:
- dentro c'è la stufa accesa, la carne di capra ed il formaggio stesi ad essicare, un paio di letti e una credenza
- fuori ci sono i cavalli, le capre e il carro per gli spostamenti
Tutti ci accolgono con spontaneità, ci fanno accomodare all'interno e ci offrono yogurt, latte di cavalla, formaggio....
Io però mi sento di troppo in questo posto, al quale so di non appartenere, nonostante gli altri mi trattino con naturalezza.
Non è una visita la mia, è l'invasione del turista, che vuole vedere tutto, con la presunzione di poter capire tutto.
Trovo una scusa e dico che è tardi e  dobbiamo andare, cercando di uscire in punta di piedi da questo luogo che non ha bisogno di me.

Le strade

Non ci sono pressochè strade in Mongolia e neppure cartelli.
Ci sono solo piste dissestate e corsi d'acqua da attraversare con ponti che, quando ci sono, non danno sicuramente l'impressione di stabilità e solidità.
Così ogni spostamento, breve o lungo che sia, diventa un'impresa piena d'incognite.
Ed è impossibile viaggiare rilassati: le buche, i sassi, la sabbia, le improvvise discese o le ripide salite sono ostacoli che mettono continuamente in equilibrio precario il veicolo su cui stai viaggiando.
Le forature sono all'ordine del giorno e anche gli autobus non sfuggono a questa logica, così un viaggio di 300 km può durare anche più di 10 ore, tutti stipati come sardine, al limite della vivibilità.
Non è neppure insolito impantanarsi nel fango. Capita anche a noi, e qui sperimentiamo la solidarietà mongola, tipica di un popolo abituato ad aiutarsi reciprocamente per superare le difficoltà.
Basta avere pazienza..... ma noi non siami più capaci di essere pazienti.

Gli insetti

Tutte le sere, o quasi, dobbiamo ingaggiare una dura battaglia con degli insetti neri corazzati che si insediano nelle nostre ger, coperte comprese.
Sono innocui, lo sappiamo, ma non riusciamo a vincere la sensazione di fastidio che ci provoca la loro vista, soprattutto dopo averli avuti come ospiti tra le lenzuola e tra i capelli. Sono dappertutto e quando spegniamo la luce sentiamo i "tic" delle loro cadute, che ci impediscono di prendere sonno.
Una delle ultime sere trovo la ger invasa dai ragni.
Sono lì, immobili e minacciosi sulle pareti e sul tetto e li guardo impotente sapendo che ci devo convivere, almeno per una notte.
Al mattino, quando sollevo la coperta dal letto, mi accorgo di aver dormito in compagnia di tre ragni.
Mi domando se i ragni mordono....... I segni di punture sulla mia pelle confermerebbero i miei dubbi.
Mi rendo conto che questo è il prezzo che noi occidentali dobbiamo pagare per visitare questi posti straordinari.

La fine


Non so più dove sono,  non controllo più la cartina, il programma di viaggio e mi affido completamente a Zoogii, diventato ormai il nostro "faro".
Sono persa in mezzo al nulla, che mi intimidisce e mi sovrasta con i suoi spazi grandiosi e che inesorabilmente mi accompagna da un luogo all'altro, in un susseguirsi di montagne, laghi, foreste e verdi praterie.
Qui tutto ha un che di primordiale e sembra che tutto debba ancora avvenire.
I miei occhi si illuminano continuamente, assetati di spazi incontaminati e di solitudine.
Intorno a me animali e ancora animali.
La vita delle persone è scandita dal ritmo dei cavalli, degli yak o delle capre.
Capre a volontà, persino nel cibo.
Mangiamo il Khorkghog, uno stufato di montone cucinato in una sorta di pentola a pressione, con l'aggiunta di sassi raccolti nel fiume e prima di iniziare il pasto sfreghiamo tra le mani le pietre unte e bollenti per sprigionarne le proprietà benefiche accumulate durante la cottura.
L'odore delle capre, essenza di questo luogo, penetra dappertutto e impregna persino i miei abiti, la mia pelle.
Siamo in Mongolia e come dice un proverbio mongolo:

"Chi beve l'acqua di una terra straniera deve seguirne gli usi e i costumi"