E’ da tanto tempo che non faccio salite di ghiaccio!
Provo a far mente locale per cercare di ricordare quando è stata l’ultima volta, forse la salita alla Barre des Ecrins con Mauro, Claudio e Fabio, qualche anno fa…..
Questa volta è Graziella che ci offre lo stimolo: è da qualche mese che ci propone di salire sul Palla Bianca, una montagna per noi sconosciuta e che non è mai rientrata nei nostri obiettivi, forse a causa della lontananza. Accettiamo la proposta che, se non fosse per l’insistenza di Graziella, fortemente motivata, sarebbe forse caduta nel “dimenticatoio”.
Finalmente riusciamo a metterci d’accordo e sabato 4 Settembre partiamo per la Val Venosta percorrendo la strada meno veloce, ma più breve e sicuramente più panoramica, quella che valica il Passo dello Stelvio.
Finalmente riusciamo a metterci d’accordo e sabato 4 Settembre partiamo per la Val Venosta percorrendo la strada meno veloce, ma più breve e sicuramente più panoramica, quella che valica il Passo dello Stelvio.
La strada che sale al Passo |
Di tempo ne abbiamo e quindi possiamo permetterci di prendercela con comodo.
Raggiungiamo Glieshof, alla fine della Val Mazia, poco dopo mezzogiorno, dove parcheggiamo l’auto. Controlliamo i nostri materiali e Graziella, con grande disappunto, si accorge di aver lasciato a casa i ramponi. Cerchiamo di convincerla che sicuramente al Rifugio ne troverà un paio e caricati i nostri pesanti zaini sulle spalle iniziamo la nostra salita.
Si parte! |
Il sentiero che porta al Rifugio Oberettes dapprima sale dolcemente nel bosco e raggiunta la stazione a valle della teleferica diventa più ripido, guadagnando quota rapidamente.
Il tempo non è bello e ogni tanto cade qualche goccia di pioggia.
Al riparo sotto il tetto della stazione della teleferica |
In vista del Rifugio |
Come sempre alla vigilia di una salita impegnativa sono combattuta tra il desiderio di arrivare alla mèta e la paura di non farcela e così, anche questa volta, mi ritrovo a pensare “Speriamo che piova” per avere a disposizione una buona scusa per rinunciare.
Ma, accidenti, non mi va mai bene.....!!!!
Al Rifugio veniamo accolti dal gestore che ci assegna una camera tutta per noi e ci recupera immediatamente non uno, ma ben due paia di ramponi, con grande soddisfazione di Graziella che può addirittura scegliere quello più adatto alle proprie esigenze.
Così, tra un tè e una breve siesta, tiriamo sera!
Ci sono pochi ospiti, ma per fortuna non siamo i soli a voler affrontare il Palla Bianca, c’è un altro gruppo che partirà l’indomani mattina insieme a noi.
Ceniamo abbondantemente chiacchierando del più e del meno e poi andiamo a letto, ben sapendo di avere poche ore di sonno a disposizione. Infatti la sveglia suona alle 4:45 e alle 5:30, dopo aver fatto colazione, imbocchiamo ancora al buio il sentiero sconnesso e ghiacciato che conduce ad una forcella a circa 3.000 m. di quota. Anche qui in fatto di ripidità non si scherza e, mentre salgo, torna a galla la preoccupazione di non farcela perché mi sembra di essere già in affanno. Per fortuna (o per sfortuna se penso al ritorno), non appena superato il Passo il sentiero scende per almeno 150 m. di quota sul fronte del ghiacciaio di Mazia e questo mi permette di recuperare un po’ le forze. Superiamo un primo ripido pendio nevoso e poi ci fermiamo per imbragarci e legarci.
Non calziamo i ramponi perché uno strato di neve fresca di una trentina di cm. caduto nei giorni precedenti ricopre candidamente il ghiacciaio rendendo più lento il nostro passo e obbligandoci a fare attenzione ai piccoli ma infidi crepacci, sparsi un po’ su tutta la superficie, che sono stati coperti dalla recente nevicata. Abbiamo davanti l’altra cordata che fa traccia e questo aiuta, ma non basta, la fatica è comunque tanta! Il sole che sorge sulle creste illumina dapprima le cime delle montagne e irradia poi gradualmente la sua luce su tutto ciò che ci circonda rendendo il paesaggio “magico”.
Non calziamo i ramponi perché uno strato di neve fresca di una trentina di cm. caduto nei giorni precedenti ricopre candidamente il ghiacciaio rendendo più lento il nostro passo e obbligandoci a fare attenzione ai piccoli ma infidi crepacci, sparsi un po’ su tutta la superficie, che sono stati coperti dalla recente nevicata. Abbiamo davanti l’altra cordata che fa traccia e questo aiuta, ma non basta, la fatica è comunque tanta! Il sole che sorge sulle creste illumina dapprima le cime delle montagne e irradia poi gradualmente la sua luce su tutto ciò che ci circonda rendendo il paesaggio “magico”.
Certo, l'ambiente selvaggio e imponente incute una sorta di timore reverenziale e uno si sente davvero piccolo e solo di fronte a tanta grandezza.
Seguo il mio capocordata cercando di tenere il suo passo e penso che questa è la cosa che più mi disturba durante una salita di ghiaccio: il dover mantenere l'andatura di chi mi sta davanti, senza avere la possibilità di fermarmi per guardarmi intorno, scattare una foto, bere un sorso d'acqua, riposare un attimo. Riesco però a reggere il ritmo per buona parte del percorso ma, a un certo punto, il mio passo diventa pesante e devo chiedere continuamente di rallentare.
Adottiamo alllora il sistema di contare i passi: 40 passi e poi una breve sosta, altri 40 passi e fermi di nuovo. Arriviamo così sul pianoro alla base della rampa finale, dove ci si collega all'itinerario che sale dal Rifugio Bellavista, percorso da numerose cordate. Mi rendo conto che non posso continuamente fermare i miei compagni e intimo loro di procedere senza di me. Hanno qualche titubanza a lasciarmi sola, ma io insisto e dopo essermi assicurata, ripartono verso la cima. Anche loro sono affaticati, lo capisco dal loro lento incedere, ma probabilmente hanno qualche riserva di energia in più di me o forse è solo più determinazione, non lo so......
La rampa finale |
Li aspetto a lungo, eppure la cima sembrava lì, a potata di mano.... Dopo due ore di attesa comincio a preoccuparmi, fa freddo e tira un vento gelido e la distesa di ghiaccio che mi circonda non fa che aumentare il mio senso di solitudine.
Ma ecco che arrivano i tre che ci precedevano sul ghiacciaio, li riconosco dalle risate che accompagnano i loro discorsi e mi confermano che Mauro e Graziella sono arrivati in cima e stanno scendendo. Scruto con attenzione il pendio nevoso che mi sta di fronte ed ecco che improvvisameente li vedo scendere e dirigersi verso di me.
Il nostro gruppo si ricompone e mi raccontano di quanto sia stato impegnativo percorrere la cresta finale e di aver dovuto aspettare che alcune cordate scendessero per poterla risalire. La loro soddisfazione è tanta e anch'io non posso fare a meno di essere contenta per il loro successo.
Scendiamo quindi sul ghiacciaio con i ramponi ai piedi, ma la qualità della neve favorisce la formazione di uno spesso zoccolo, così togliamo i nostri “ferri” e procediamo più sicuri e decisi, oltre che più veloci. Alla fine del ghiacciaio ci aspetta, ahimè, una ripida salita per arrivare fino al Passo.
Rassegnati, affrontiamo quest'ultimo pendio che sembra non finire mai e poi giù in fretta verso il Rifugio, con i piedi che sono ormai lessi e doloranti a causa anche delle vesciche.
Il nostro fisico reclama una sosta, ma non possiamo fermarci a lungo, sono quasi le 5:00 del pomeriggio e dobbiamo scendere a valle, per iniziare il viaggio di ritono verso casa, dove arriviamo che è ormai mezzanotte.
Sono contenta della mia piccola impresa, pur non essendo arrivata fino in vetta, ma dopo questa ascensione penso che farò come Graziella, appenderò i miei ramponi al chiodo, anche se i motivi che mi spingono a questa decisione sono probabilmente diversi dai suoi.
Semplicemente credo che sia arrivato il tempo, per me, di andare in montagna in un altro modo....
Nessun commento:
Posta un commento